Ansia: la nostra energia libera

Scritto dal dott. Marco Montanari Psicologo – Psicoterapeuta, Integrazione Posturale. Pubblicato sulla rivista medica Miafarmacia magazine.

L’ansia viene legata non solo alle emozioni ed ai sensi, ma a tutte le funzioni. La definizione tradizionale di ansia è: sentimento particolare o sensazione penosa e continua, per qualcosa che sta per accaderci ma che non conosciamo. Quando l’ansia giunge a stadi di particolare intensità diventa angoscia. Nell’ansia è come se dicessimo con lo sguardo, con gli occhi e con la bocca: “non lo so”, attraverso manifestazioni di ansia vogliamo comunicare che qualcosa non ci è chiaro e ci sovrasta.

Questo particolare stato d’animo gravita nella stessa area emozionale della paura: ansia e paura possono considerarsi talvolta sinonimi. Queste due emozioni differiscono nella reazione allo stimolo, nel tipo di soluzioni che vengono messe in atto e nella rapidità dell’estinzione dello stato emotivo.

La paura è generalmente considerata un’emozione più specifica: una risposta puntuale a determinati stimoli esterni o interni, comunque reali, per cui sono previste reazioni di fuga, di difesa attiva, o di attacco. L’ansia diversamente è considerata uno stato emotivo diffuso e fluttuante, privo di un obiettivo ben definito e originato da stimoli generalmente neutri. L’ansia è uno stato psichico più complesso della paura, non soltanto perché si estingue molto più lentamente, ma anche perché è caratterizzata da una combinazione di emozioni diverse quali: disagio, rabbia, timidezza, vergogna, senso di colpa, o in positivo, eccitazione e interesse.

L’ansia generalmente riguarda eventi futuri, in questo caso comporta un atteggiamento di pre-occupazione: occuparsi prima di qualcosa che non si conosce.

Psicofisiologia dell’ansia:

I sintomi principali possono essere dispnea (mancanza di respiro), instabilità, sensazione di svenimento, tremore, tachicardia, sudorazione, sensazione di asfissia, nausea, senso di troppo freddo o troppo caldo, fastidio, costrizione al torace, paura di morire, paura di uscire fuori di senno, aumento della gestualità e dell’automanipolazione. Riguardo a quest’ultimo punto capita spesso di osservare quanto, anche involontariamente, alcune persone toccano ripetutamente parti del corpo: il naso, le unghie, i capelli.

Questi sono segnali non verbali che indicano ansia. Manipolandosi, l’individuo cerca da un lato di controllare l’ansia (che nasce anche dal conflitto tra ciò che vorrebbe e ciò che non osa fare), e dall’altro lato tenta di dare una direzionalità ai suoi movimenti: invece di orientarli all’esterno verso un obbiettivo risolutore, li orienta su sé stesso.

Gli studi più recenti mostrano che le reazioni di paura avvengono su tre livelli: il primo a livello del sistema nervoso simpatico, il secondo a livello neurormonale, e il terzo a livello dei nuclei sottocorticali del cervello. Il sistema nervoso simpatico, attivato in tutti gli stati di emergenza, comporta l’entrata in azione di sinapsi (giunzioni nervose) nel nostro cervello, le quali funzionano attraverso la mediazione di una sostanza (la norandrenalina) che ha effetto sull’attivazione cerebrale e quindi sul comportamento. Un segno tipico dell’effetto di questi mutamenti fisiologici è il dilatarsi della pupilla, probabilmente connesso alla necessità di vedere meglio il pericolo, oppure l’innalzarsi rapido della pressione e l’aumento del battito cardiaco; in situazioni di emergenza queste reazioni consentono al soggetto di mobilitarsi immediatamente e di essere pronti a reagire. Altre reazioni avvengono a livello dei surreni al fine di consentire la metabolizzazione degli zuccheri e la regolazione dell’equilibrio idrosalino, aiutando così l’organismo a reagire agli stress durante un forte dispendio di energia; i corticosteroidi, come il cortisone, emessi dalle ghiandole surrenali sono “l’olio motore” del nostro corpo, ci aiutano a fronteggiare in modo istantaneo e dinamico le situazioni stressanti.

L’organismo è predisposto naturalmente a fronteggiare situazioni estreme di pericolo e di stress; queste immediate reazioni dell’organismo sono necessarie e naturali per la nostra sopravvivenza. I segnali del nostro corpo sono anche degli indici attraverso i quali codifichiamo la realtà: se, ad esempio, il nostro cuore ha un battito accelerato o abbiamo le vertigini, deduciamo istintivamente di essere in una situazione di pericolo.

James e Lange affermavano che non si fugge perché si ha paura, ma si ha paura perché si fugge: ovvero sia prima si verifica la modificazione fisica e poi, in seguito, quella emozionale. Il problema nasce quando, nonostante la situazione traumatica e frustrante sia cessata, persiste uno stato di allarme del nostro organismo anche in situazioni neutrali, ovvero non effettivamente pericolose.

Possiamo considerare l’ansia come energia libera in sospensione. Un naturale fenomeno fisiologico che nella sua indefinizione ci sta dicendo qualcosa, il più delle volte qualcosa di difficile da accettare. L’ansia ha in realtà un grande valore evolutivo, comprensibile solo se rendiamo possibile la canalizzazione di questa energia. L’atteggiamento da assumere di fronte ad uno stato d’ansia per iniziare dovrebbe essere quello di accettazione e non di repulsione. Anziché contrastarla, sarebbe molto importante, anche se altrettanto difficile, accedere e comprendere l’esperienza emozionale che stiamo vivendo in quel momento. Dietro ad ogni stato d’ansia c’è una nostra soggettività che implora imponentemente di manifestarsi, una risorsa non ancora portata alla luce, una parte dirompente ed esplosiva che se canalizzata nella giusta direzione può diventare un enorme potenziale fisico e intellettuale -creativo. Se questa energia viene lasciata ingestita, o tentiamo di negarla e reprimerla, essa continuerà a manifestarsi attraverso sintomi che possono incanalarsi talvolta in manifestazioni somatiche.

Nella maggior parte dei casi gli strumenti per raggiungere questa capacità di accettazione e di trasformazione dell’energia ansiosa ci possono venire a mancare, travolti come spesso siamo dall’inevitabilità e dalla potenza dei sintomi. In questo caso può essere utile il supporto di quello che in Psicosintesi viene chiamato “centro unificatore esterno”, tradotto in termini di una sana e solida relazione umana che ci faccia da specchio.

All’Istituto di Psicosintesi (Centro di Bologna, tel. 051 521656 , www.psicosintesibologna.it , bologna@psicosintesi.it) si organizzano corsi di gruppo su varie tematiche (ansia, attacchi di panico, psicosomatica, senso di colpa e vergogna, sessualità) e incontri psicologici individuali.

Bibliografia del testo:

Freud S. inibizione, sintomo e angoscia (1925) vol. 10

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Bowlby J. Attaccamento e perdita, vol.2 la separazione dalla madre (1973) Boringhieri, Torino (1998)

Oliverio Ferrarsi A. psicologia della paura, (1998), Boringhieri, Torino.

Wells A. trattamento cognitivo dei disturbi d’ansia, (1999) Mc Graw Hill, Milano

De Silvestri C. il mestiere di psicoterapeuta, (1999) Astrolabio, Roma.