Emozioni: una visione d’insieme e cosa accade in psicoterapia

Scritto da Marco Montanari, psicologo psicoterapeuta integrazione posturale.

L’emozione è intimamente legata al significato; perciò nessun cambiamento può avere luogo senza produrre un cambiamento cognitivo. L’essenza di questo approccio, al trattamento delle emozioni, implica che si stabilisca tra due persone un dialogo empatico, focalizzato sulle emozioni, in cui i terapeuta sia sintonizzato con i problemi emozionali del cliente, lo stimoli e lo focalizzi su di essi. Nel lavoro con le emozioni la relazione empatica e convalidante, e il focus costante sull’accedere all’esperienza e sulla riorganizzazione di questa, costituiscono gli ingredienti centrali di una psicoterapia efficace.

Vengono dunque identificate tre fasi: la creazione del legame, l’evocare ed esplorare l’esperienza emozionale e la ristrutturazione emotiva, ciascuno implicante un numero di passi mirati al raggiungimento dell’obiettivo.

In questo modello di funzionamento viene chiamato schema emotivo il meccanismo che produce l’esperienza emozionale. Questi schemi emotivi influenzano profondamente l’esperienza, il comportamento e l’interazione. Le persone hanno degli schemi emotivi differenti associati a relazioni con gli individui significativi della propria vita.

L’assunto di base è che la realtà soggettiva e la coscienza siano un prodotto tanto delle emozioni quanto del pensiero e della razionalità..

Cosa succede nell’ambiente terapeutico nel quale si lavora con l’emozione

Un aspetto cruciale dello sviluppo e della terapia è quello di promuovere l’integrazione dell’esperienza affettiva di base e delle emozioni all’interno dell’organizzazione esistente dell’esperienza dell’individuo. In terapia, l’integrazione dell’affetto di base della nostra auto-organizzazione implica dei compiti finalizzati a differenziare, simbolizzare, appropriarsi e di articolare la nostra esperienza vissuta a livello corporeo; a permettere e accettare le nostre emozioni, imparare a utilizzarle come segnali e ad essere in grado di sintetizzare emozioni diverse e contraddittorie sperimentate in risposta ad una stessa persona o nella medesima situazione.

Le emozioni costituiscono una fonte ricca di informazioni sulle nostre reazioni alle varie situazioni. Ciò che è richiesto in terapia è una comprensione di ciò che le emozioni ci comunicano riguardo a come conduciamo la nostra vita, i problemi emotivi si possono curare solo mediante l’accesso all’emozione e al suo significato. In terapia, alcuni tipi di emozione sono considerati curativi di per sé. Le risposte emotive primarie sono organizzanti in modo creativo, poiché aiutano a stabilire nuove priorità fra i vari obiettivi.

Pertanto, quando aiutiamo i clienti a rivolgere l’attenzione verso e a simbolizzare la loro esperienza primaria (tristezza, rabbia o gioia) in effetti li aiutiamo ad accedere ad importanti bisogni/obiettivi/interessi e a creare un nuovo significato.

Lavorare con le emozioni in terapia è quindi un processo analogo al processo di regolazione delle emozioni che avviene nel percorso evolutivo normale.

L’emozione attiva

I terapeuti attivano gli schemi emotivi nel contesto di un ambiente terapeutico sicuro ed empatico. Oltre alla sintonizzazione empatica, vengono utilizzati, in momenti opportuni, livelli appropriati di stimolazione o di intensificazione per innescare o incrementare l’attivazione degli schemi, consentendo in tal modo ai clienti di accedere più facilmente alla loro esperienza.

Nel mio lavoro con le emozioni utilizzo un approccio esperenziale orientato al processo. Tale approccio consiste nel seguire il processo del cliente momento per momento. Secondo il mio punto di vista gli stati della mente in cui l’emozione è particolarmente vivida e pregnante sono quelli maggiormente connessi al benessere del cliente.

E’ molto importante saper cogliere piccole unità emotive sia provenienti dal passato ricordato che attuali, in quanto questi costituiscono il focus della terapia. In questi termini la terapia sarà un processo in cui gli schemi verranno attivati sia da processi interni di origine autonoma che dalle interazioni con il terapeuta.

Definizione nel particolare

Con il termine AFFETTO ci si riferisce ad una risposta biologica inconscia alla stimolazione. Esso comprende processi automatici di natura fisiologica, motivazionale e neurale implicati nel sistema adattivo di risposta comportamentale in termini evolutivi.

Con il termine SENTIMENTO implica la consapevolezza di base dell’affetto. Ciò comporta un vissuto corporeo come “sentirsi deboli” oppure “sentirsi tesi”. I sentimenti sperimentati a livello corporeo che implicano un significato vissuto (sentirsi giù, sentirsi umiliati…) vengono chiamati sentimenti complessi. Sia ha in questo caso la connessione dell’affetto con l’immagine di sé.

Le EMOZIONI umane sperimentate a livello cosciente sono esperienze che emergono quando le tendenze all’azione e gli stati affettivi sono collegate con situazioni elicitanti e con il sé. Pertanto, le emozioni sono esperienze che implicano l’integrazione di numerosi livelli di elaborazione.

Le emozioni attribuiscono un significato soggettivo alla nostra esperienza.

Integrazione emozione e pensiero

Le emozioni hanno la funzione di fornirci l’informazione sui nostri interessi. Esse stabiliscono degli obiettivi per l’elaborazione cognitiva e nel fare ciò si può ritenere che esse pongano alla cognizione dei problemi perché li risolva, emergono da un processo costruttivo complesso che sintetizza molti livelli di elaborazione delle informazioni. Tuttavia, non solo vi è una sintesi tacita e continua di vari livelli di elaborazione dell’informazione che genera il sentimento, ma, una volta che quest’ultimo è stato portato a livello di consapevolezza, si attua a un livello superiore un processo di integrazione fra emozioni e ragione. Le emozioni emergono alla coscienza quando viene rivolta l’attenzione ad una sensazione corporea e quest’ultima viene simbolizzata in consapevolezza. Il materiale, simbolizzato a livello cosciente in vario grado, viene successivamente reso oggetto di riflessione per creare un nuovo significato.

Gli schemi emotivi formano il livello di elaborazione più elevato, superiore al ragionamento cosciente o al comportamento automatizzato. Tale livello di elaborazione guida sia il pensiero cosciente che l’azione e ci fornisce il nostro senso degli eventi complesso e caricato di tonalità emotive che svolge un ruolo decisivo nell’orientare i nostri processi decisionali e le nostre scelte.

Nel corso dell’individuazione personale

Le emozioni fungono da base continua per la coscienza. Esse sono costantemente presenti a qualche livello di intensità e costituiscono una fonte fondamentale di vitalità organistica.

Le emozioni positive sembrano essersi evolute allo scopo di mantenere la capacità di adattamento dell’organismo in modo proattivo.

L’evoluzione, tuttavia, ci ha dotati di due sistemi fondamentali di elaborazione delle informazioni, uno esperenziale basato sull’emozione e uno cognitivo basato sulla razionalità. È l’integrazione fra questi due sistemi che produce il comportamento adattivo.

Funzione dell’emozione

Le emozioni regolano il funzionamento mentale organizzando sia il pensiero che l’azione. In primo luogo, esse stabiliscono delle priorità fra obiettivi e ci organizzano per intraprendere azioni precise.
In secondo luogo, le emozioni fissano le mete verso il cui conseguimento tendono i pensieri e l’azione, rendendo l’emozione un fattore determinante centrale della condotta umana.

Dunque l’emozione stabilisce lo SCOPO FIANLE desiderato, e il pensiero e l’apprendimento forniscono i MEZZI per il cui tramite viene conseguito o meno lo scopo. Le emozioni sono pertanto le strutture che ci guidano, specialmente nei nostri rapporti con gli altri. L’elaborazione cognitiva, quindi, si attiva per risolvere il problema di come raggiungere lo scopo fissato dall’emozione, di creare legami, di ottenere conforto o di separarsi.

L’emozione riguarda fondamentalmente la motivazione e l’azione, il fissare scopi e preparare la persona ad agire, mentre la cognizione riguarda fondamentalmente la conoscenza e implica l’analisi della situazione e la decisione relativa all’azione.

Le emozioni non sono ne razionali ne irrazionali; piuttosto sono adattive. La funzione principale delle emozioni è quella di connettere la nostra natura biologica con il mondo nel quale essa si trova inserita. Le emozioni rispondono immediatamente al significato degli eventi in relazione alla sopravvivenza. Pertanto la paura ci avverte del pericolo, il disgusto ci distoglie da elementi nocivi, mentre la compassione ci rende capaci di rispondere al dolore degli altri. Emozioni diverse ci mettono in stato di allerta per motivi differenti e svolgono, in modo distinto funzioni diverse. Alcune emozioni, come rabbia e paura, ci mettono in guardia di fronte al pericolo, mentre altre, come tristezza e amore, ci spingono verso altre persone; altre ancora, come vergogna e colpa, ci avvertono di un disagio interno; in fine i sentimenti gioiosamente positivi migliorano la vita e favoriscono la ricerca della felicità.

La funzione adattiva delle emozioni può essere meglio compresa se osserviamo le differenze fra le cosiddette emozioni positive e quelle negative; i termini positivo e negativo vengono qui usate in termini fenomenologici.

Le emozioni sperimentate come positive sono cruciali nell’indurre comportamenti esplorativi proattivi. L’interesse e l’attivazione costituiscono l’elemento basilare nel promuovere l’esplorazione e un comportamento inusuale e rappresentano un aspetto essenziale della nostra natura di organismi adattivi orientati alla crescita. In terapia sono le emozioni positive, in particolar modo l’interesse e la curiosità, che risultano inutili nel motivare le persone ad esplorare ulteriormente il loro mondo interiore, e sono certamente fondamentali nel motivare le persone a esplorare il mondo esterno alla terapia, a creare nuovi legami e sperimentare nuovi comportamenti. Oltre al compito di ampliare le possibilità di agire, le emozioni positive agiscono spesso come antidoti alle emozioni negative, ristabilendo l’equilibrio delle risposte fisiologiche e liberando gli individui dalla tendenza all’azione provocata dalle emozioni negative. Quindi la gioia o l’amore accelerano il recupero della tristezza. In contrasto con un numero esiguo di emozioni positive fondamentali, vi è un ampio repertorio di emozioni negative. L’esperienza di sentimenti quali la paura, disperazione, rabbia vergogna e disgusto, ci può preoccupare, ma nessuno di essi potrebbe essere confuso con un altro. Sembra che gli individui abbiano sviluppato le emozioni negative sempre più differenziate che aiutano nello sforzo per sopravvivere. La rabbia ci spinge contro un’antagonista o qualcosa di disturbante, nella paura ci ritiriamo da qualcosa avvertito come minaccioso e vogliamo fuggirne. La tristezza rallenta la nostra attività e ci induce a cercare l’isolamento e a chiudere il mondo fuori. Il disgusto ci porta ad espellere intrusioni indesiderate. Le emozioni negative si sono evolute per prepararci a far fronte ad una varietà di eventi potenzialmente nocivi per mezzo di vari tipi di risposte.

Poiché le emozioni costituiscono un feedback riguardo alle nostre reazioni agli eventi e forniscono inoltre delle disposizioni ad agire rapidamente finalizzate alla sopravvivenza, assume un’importanza cruciale per l’adattamento prestare attenzione ai nostri sentimenti. Tutte le emozioni primarie sono necessarie e assolvono compiti adattivi. Le emozioni primarie sono tutte caratterizzate dalle loro attitudini adattive ad agire, preposte a modificare il rapporto dell’organismo con l’ambiente. Ciò si ottiene modificando non solo l’ambiente, ma anche il sé. Perciò, nella rabbia diventiamo superbi e ci espandiamo proiettandoci in avanti; nella paura sgusciamo via; nella tristezza abbassiamo gli occhi e ci chiudiamo; mentre l’interesse e la gioia ci aprono al mondo. In terapia è importante aiutare i clienti a prestare attenzione a questi vissuti corporei. Assumendo questo focus interno, piuttosto che focalizzarsi sulla modificazione dell’ambiente si può favorire un auto-potenziamento.

Come sono interconnesse le emozioni con schemi di pensiero e ricordi

L’emozione influenza la cognizione in vari altri modi. Può essere sperimentata nella coscienza sotto forma di stati affettivi non etichettati, non chiaramente articolati ed è stato dimostrato che tali stati d’animo possono influenzare quello che le persone ricordano pensano e fanno.

Sentimenti ed emozioni esercitano, inoltre una forte influenza sulla ragione, poiché possono accrescere o diminuire i processi del ragionamento e dell’assunzione di decisioni. Il sistema delle emozioni innesca dei sentimenti viscerali affinché svolgano il ruolo di guida. Questi, infatti, ci aiutano a focalizzare la nostra attenzione sulle possibilità negative della situazione e consentono una risposta immediata che ci allontana da quest’ultima.

Le emozioni influenzano senza dubbio la cognizione e l’azione e sono essenziali nei processi decisionali della vita reale. In psicoterapia. Ascoltare i propri sentimenti istintivi aggiunge peso alle opzioni, e in terapia è necessario prestarvi ascolto perché venga presa una decisione o possa emergere un nuovo significato.

Le risposte emozionali, preparano e motivano le persone a fronteggiare gli eventi che suscitano emozioni.

Le emozioni sono sia un fine di per se stesse (in quanto stati che consideriamo di raggiungere o evitare), sia mezzi che ci conducono verso quei fini (disposizione all’azione). È importante focalizzare l’attenzione su cosa sia benefico per il sé, ciò si ottiene prestando attenzione ai sentimenti affinché guidino le nostre azioni.

Vivere nel presente, prestando attenzione al nostro complesso sentimento vissuto di cosa sia benefico per noi, non equivale al vivere per il presente, che implica fare ciò che è sentimento come buono senza tenere conto delle conseguenze. Quest’ultimo processo non possiede il grado di raffinatezza proprio dell’ascoltare il nostro senso complesso del vissuto che integra il passato, presente e futuro, mentre predilige l’attenzione al mero impulso prevalente al momento. Quindi il vivere “nel presente” non deve essere confuso con il vivere “per il presente”.

Le emozioni ci forniscono informazioni sulle nostre reazioni agli eventi. Noi rivolgiamo la nostra attenzione alle emozioni per essere informati sulle nostre reazioni agli eventi. È importante essere consapevoli che si sta provando paura e che ci si sta organizzando per la fuga. L’identificazione di valutazioni e bisogni idiosincratici rappresenta un focus primario nel lavoro terapeutico.

L’emozione e comunicazione

Le emozioni trasmettono agli altri informazioni riguardo alle nostre intenzioni o alla nostra prontezza ad agire. Nelle relazioni interpersonali il costante invio e ricezione di segnali sugli stati emotivi propri e altrui, specialmente attraverso le espressioni del viso, fornisce una grande quantità di informazioni e regola l’interazione.

Le fonti da cui originano le emozioni sono molteplici: neurochimiche, fisiologiche, biopsicologiche e cognitive. Un processo psicologico importante implicato nella produzione dell’emozione, e di grande rilevanza per la psicoterapia, è il processo mediante il quale l’emozione deriva dalla valutazione automatica della situazione che un individuo compie in primo luogo in relazione a un bisogno/scopo/interesse, e in secondo luogo alla capacità di fronteggiare la situazione. L’emozione è attivata da una quantità di fonti, consce e inconsce, cognitive e non cognitive. Gran parte delle emozioni rilevanti per la terapia vengono attivate dal riconoscimento automatico di patterns complessi e non da pensieri consci, e sono molto più simili all’intuizione e al ragionamento.

Il modo in cui le persone intuiscono oppure inquadrano gli eventi dipende dai loro bisogni/scopi/interessi nonché valori.

La terapia focalizzata sulle emozioni non si concentra sull’esplorazione del pensiero automatico che si presume abbia preceduto la reazione emotiva. Si focalizza, piuttosto, sull’analisi delle sensazioni corporee e della disposizione all’azione che formano tale risposta. Centrare l’attenzione sui processi che generano l’emozione e svelare i significati complessi impliciti e la rete dia associazioni aiuta ad accedere al sentimento e al bisogno o scopo che innesca la reazione. Ciò che deve essere esplorato sono l’esperienza corporea, i segnali situazionali, i ricordi, i bisogni, gli scopi, le aspettative, e il senso di efficacia della persona, che conducono a pensieri, piuttosto che i pensieri i se stessi.

L’esperienza emozionale

Gran parte dell’esperienza emozionale avviene in forma di sentimenti e significati complessi, come il sentirsi umiliati o impacciati oppure sentirsi giù o sfiniti. Questi sentimenti vengono generati in modo automatico da quelle forme di organizzazione dell’esperienza che abbiamo chiamato schemi emotivi. Esse sono delle complesse organizzazioni interne di gradi diversi di sensazioni, eventi fisiologici, memoria emotiva, segnali situazionali e dei loro significati. Gli schemi emotivi, includono la nostra storia di apprendimento emotivo e costituiscono il nostro livello più basilare di elaborazione. Gli schemi emotivi e le loro continue sintesi dinamiche forniscono un “senso intuitivo” degli eventi di livello superiore cui viene attribuito un grande valore e che funge da guida pre-riflessiva al nostro comportamento, coinvolgono dei patterns o regolarità nell’esperienza di livello elevato e forniscono una struttura complessa che genera senso, valuta il significato delle situazioni in una relazione al nostro benessere e, attraverso patterns si comprensione intuitiva, produce di significato olistici. È importante dunque l’azione di schemi puramente cognitivi, che sono di natura rappresentazionale e che ci informano sulla realtà di un evento secondo una modalità concettuale cosciente, dall’azione degli schemi emotivi. Questi ultimi non sono rappresentazionali; sono piuttosto generatori di azione e di esperienza. I sentimenti sintetizzati in modo complesso, prodotti dagli schemi emotivi, ci informano su cosa sia importante per noi nella nostra vita, e sono tali significati vissuti a livello corporeo che guidano il pensiero e l’azione.

I sentimenti o significati vissuti a livello corporeo rappresentano le sintesi, non ancora simbolizzate in modo chiaro, di tutte le nostre complesse reazioni interne.

Fidarsi delle proprie emozioni

È importante fare affidamento sulle emozioni come fonti primarie di informazioni sulle nostre esperienze. Siamo noi i nostri sentimenti e il modo in cui li gestiamo. La necessità di integrare volontà, intelletto, desiderio ed emozione in una risposta solistica del sé. Abbiamo bisogno di integrare la mente con il cuore, di non essere trascinati dalle emozioni ma neppure tagliati fuori da esse.

Le emozioni non sono opposte alla ragione, bensì guidano e gestiscono il pensiero secondo modalità basilari e sono inoltre complementari ad esso. Per poterci fidare delle nostre emozioni dobbiamo gestirle in una forma di saggezza o intelligenza speciale.

L’intelligenza emotiva implica la conoscenza delle proprie emozioni e l’auto-consapevolezza. Ciò comporta il riconoscere i nostri sentimenti mentre questi emergono, e anche la capacità di gestirli per conseguire i nostri scopi. La consapevolezza ci aiuta a gestire i nostri sentimenti in modo da non essere sopraffatti, ci aiuta a placare noi stessi e a gestire la nostra ansia, la rabbia, e la tristezza.

L’intelligenza emotiva richiede l’abilità di riconoscere le emozioni negli altri e quindi di gestire le relazioni con successo.

Tutte queste abilità emergono dalla consapevolezza e dall’emozione, che è alla base dell’intelligenza emotiva. La terapia quindi deve mirare a costruire una consapevolezza delle emozione come primo passo verso un migliore adattamento.

I sentimenti e le emozioni implicano un processo naturale in cui emergono e vengono a compimento. Ciò avviene in quanto molti sentimenti implicano un processo di comprensione automatica su cui abbiamo uno scarso controllo.

Noi possiamo, in qualche misura, controllare quel che sentiamo limitando la nostra esposizione ai segnali evocativi esterni, oppure cercando di controllare i nostri pensieri coscienti; tuttavia, possiamo fare ben poco per prevenire l’insorgere automatico di molti sentimenti.

Il processo naturale del sentimento può essere così descritto:
Emergere > Consapevolezza > Appropriazione > Azione Espressiva > Completamento.

Quando questo processo viene cronicamente interrotto, quando ad esempio, vengono evitati l’emergere e l’identificazione del vissuto, quando l’espressione del sentimento viene costantemente interrotta e vengono bloccati l’azione e il completamento, le persone rimangono intrappolate in un sentimento negativo cronico, funzionano male e si trovano in uno stato perenne di sconforto. Ai clienti si insegna come sviluppare un’attitudine ad aprirsi ai propri sentimenti e ad accettarli nella loro natura mutevole.

Sin dall’infanzia, il bambino sperimenta le emozioni ed apprende a regolarle. Le emozioni vitalizzano, organizzano e motivano un funzionamento adattivo. Lo sviluppo della regolazione delle emozione può essere considerato uno dei compiti principali nell’ambito personale e interpersonale. Apprendere a regolare le emozioni in modo sano costituisce un compito che richiede molti anni di esercizio; inoltre viene influenzato da fattori sia interni che esterni. La regolazione degli affetti si sviluppa con la maturazione ma anche attraverso il modo in cui coloro che accudiscono il bambino rispondono alle sue emozioni. Tali esperimenti determinano il senso di sé affettivo. Il modo in cui gli altri rispecchiano l’esperienza emozionale di un individuo viene sintetizzato con la sua esperienza interna soggettiva per formare dei registri emozionali schematici di sé e della situazione. Lo sviluppo emotivo di un individuo è la storia di come si costruisce l’auto-regolazione a partire dalla capacità di interiorizzare le caratteristiche consolatorie di chi da le cure. Le strategie di regolazione emotiva dei bambini sono state raggruppate in tre categorie: il sostegno sociale da parte di chi presta le cure o dei coetanei; la comunicazione degli affetti (di rabbia o di dolore); la regolazione autonoma (distrazione/evitamento o autosedazione). La distrazione/evitamento e il manifestare l’emozione agli altri sono risultati essere i mezzi meno efficaci a ridurre la vulnerabilità dei bambini e ad accrescere l’autostima. La capacità matura di regolare stati interni di attivazione emozionale, inclusa l’espressione secondo modalità produttive e complesse, costituisce un passo cruciale verso un funzionamento adattivo e articolato nell’età adulta. Monsen ha descritto e sviluppato una misurazione di quattro aspetti della “coscienza affettiva”: il grado di consapevolezza, la tolleranza degli affetti, l’espressività non verbale e l’espressività cognitiva. Egli sostiene che sia importante avere coscienza delle emozioni e che la consapevolezza determini il grado in cui le emozioni specifiche avranno un effetto organizzante o disorganizzante sull’abilità di relazionarsi con se stessa e con gli altri. Generalmente, un livello basso di coscienza affettiva significa che la funzione di segnalazione dell’emozione sarà difettosa, che le motivazioni ad agire saranno incerte e che vi sarà una perdita di contatto con un senso di sé basilare.

L’eccessivo controllo e la repressione delle emozioni sono disfunzionali perché entrambe le modalità sottraggono agli individui le loro capacità di orientarsi rapidamente nell’ambiente e producono uno stress interno. Viceversa uno scarso controllo e l’incapacità di regolare le emozioni possono condurre a una grave rottura con il contesto sociale, portandoci spesso a danneggiare le nostre relazioni interpersonali, a ferire gli altri, causando uno stato interno persistente di sofferenza. Una capacità di sperimentare le emozioni in modo equilibrato e di regolarle con modalità appropriate al contesto costituisce il criterio fondamentale della salute psichica.

L’aumento della consapevolezza dei propri sentimenti, come anche il miglioramento dell’autoregolazione, costituiscono aspetti importanti sia del processo terapeutico che degli obiettivi del trattamento. La capacità di essere consapevoli dei propri sentimenti, di regolare l’ansia e di lenire se stessi sono abilità cruciali nella vita. L’incapacità di regolare l’ansia assume un ruolo centrale in gran parte dei disturbi. In definitiva il cambiamento terapeutico implica un esame delle strategie di regolazione delle emozioni disfunzionali e lo sviluppo di altre che consentono un migliore adattamento.

Per comprendere l’esperienza emozionale, dobbiamo prima compiere una distinzione fondamentale riguardo alla natura dell’emozione, cioè determinare se l’emozione è connessa all’ambiente o al sé.

Eccessivo controllo e scarsa regolazione delle emozioni

I clienti possono avere un controllo eccessivo o una ipo-regolazione delle proprie emozioni e l’obiettivo e quello di aiutarli con una regolazione appropriata delle emozioni.

Alcuni individui evitano le emozioni e hanno bisogno di imparare a dare ascolto alla propria esperienza e ad esprimere i propri sentimenti. Altri hanno bisogno di apprendere strategie di gestione dell’attivazione emozionale, di autosedazione, nonché strategie per lenire se stessi, e anche di imparare a prestare attenzione ad altri vissuti emotivi primari, come il dolore e la paura.

L’incapacità di accedere ai propri sentimenti e significati personali, dovuta ad una eccessiva razionalità e intellettualizzazione finalizzata a proteggere l’autostima o ad evitare l’angoscia, è considerata uno stile caratterologico che impedisce un’azione efficace.

In alcuni casi problematici l’inibizione delle emozioni primarie può, paradossalmente provocare dei problemi di sottocontrollo o di ipo-regoalzione delle emozioni associate. Tuttavia, in soggetti fortemente impulsivi, caratterizzati da un senso di sé fragile e da instabilità nelle relazioni interpersonali, spesso le emozioni hanno bisogno di essere regolate al fine di prevenirne un’espressione distruttiva ed aiutare il cliente a sedarsi.

E’ molto utile accedere alle emozioni adattive primarie per le informazioni che esse forniscono, ristrutturare gli schemi primari disadattivi, esplorare sentimenti secondari negativi e accrescere la consapevolezza della funzione svolta dalle emozioni strumentali.

Le emozioni primarie

Sono quelle fondamentali o iniziali agli stimoli esterni; i sottotipi sono:1 le emozioni biologicamente adattive;2 le emozioni disadattive apprese.

Emozioni adattive primarie

Sono degli stati fondamentali il cui valore adattivo è evidente. Tale categoria può essere ulteriormente suddivisa in tre sottocategorie: le emozioni discrete quali la paura, la rabbia, la tristezza, che hanno una funzione informativa e forniscono delle tendenze ad azioni specifiche; i sentimenti, che comprendono le sensazioni corporee e il più complesso senso vissuto del pensiero o dell’esperienza; il dolore emotivo , che costituisce una risposta solistica del sistema che informa del verificarsi di un trauma globale.

Le emozioni discrete sono patterns altamente distinguibili di tendenze di risposta agli stimoli. In terapia, spesso si lavora per accedere a queste emozioni discrete primarie come la tristezza per una perdita e la rabbia per una violazione. Il dolore emotivo sembra costituire una risposta solistica del sistema alla frammentazione e al trauma. Tuttavia il dolore emozionale, ha la funzione di insegnare all’individuo ad evitare in futuro la situazione che suscita dolore. Provare emozioni implica la formazione di reti associative emotive o schemi, poiché l’esperienza cosciente coinvolge funzioni superiori del cervello e in definitiva implica una sintesi di emozione, cognizione, motivazione e azione.

Emozioni disadattive primarie

Si tratta di risposte emozionali primarie divenute disfunzionali. Esse si basano generalmente sull’apprendimento e vengono inserite in schemi emotivi. Altre risposte primarie disadattive più complesse includono: la vergogna riguardo all’esprimere se stessi o svelamento, la rabbia in risposta a manifestazioni di attenzione o di interesse genuino da parte degli altri, la gioia per la sofferenza propria e altrui e sentimenti di indegnità o di insicurezza. I terapia è necessario accedere a tali emozioni, generalmente non per le loro tendenze all’azione adattive, ma per far si che gli schemi emotivi disadattivi nucleari in esse inscritti vengano ristrutturati in una nuova esperienza all’interno del contesto terapeutico.

Le emozioni secondarie costituiscono la seconda ampia categoria di emozioni importanti per l’intervento differenziale. Esse sono delle reazioni a processi identificabili, più basilari, interni, emozionali o cognitivi; quindi secondarie nel tempo o nella sequenza ai processi interni. Le emozioni secondarie possono essere suddivise in sentimenti negativi e sentimenti complessi.

Le emozioni strumentali vengono esperite ed espresse in quanto si è appreso che producono un effetto sugli altri. Possono essere consciamente volute per raggiungere uno scopo, oppure essere divenute abituali perché la persona ha appreso senza alcuna consapevolezza che l’espressione di queste emozioni ha un effetto specifico. Le persone con un’elevata intelligenza socio-emotiva sono particolarmente abili in questo livello di espressione emozionale. Le emozioni strumentali possono essere viste anche come manipolative.

Valutiamo l’emozione a partire dall’analisi o dall’osservazione dell’espressione non verbale, prestando attenzione al respiro, alla postura, ai sospiri, al tono della voce e alla mimica facciale. Nella terapia focalizzata sulle emozioni, EFT, un sospiro vale quanto mille parole, e verbalizzare ciò che si sta esprimendo con tale sospiro condurrà in modo molto più diretto all’esperienza fondamentale. Conoscere le risposte umane universali alle situazioni prototipiche costituisce una ulteriore fonte di informazione.

Le risposte emotive possono variare nelle diverse culture. La conoscenza della costituzione emozionale e della storia personale di un cliente fornisce una ulteriore fonte ricca di dati che viene sempre più arricchita con il progredire della terapia. Infine nel valutare le emozione è necessario prendere in considerazione anche i diversi tipi di stili personale o disturbo di personalità.

Il dolore

Il dolore emozionale e i sentimenti negativi richiedono un’attenzione speciale nella valutazione. L’intervento comprende il superamento dell’evitamento e l’accesso all’esperienza dolorosa. D’altra parte, i sentimenti negativi come la depressione sono disadattivi di per se stessi e l’intervento richiede di accedere ai processi cognitivi e affettivi sottostanti che li hanno generati e modificarli.

Il dolore emozionale non corrisponde semplicemente al sentimento di sconforto/tristezza; piuttosto è uno stato affettivo complesso che riguarda sia le perdita e la rottura di una relazione che il danno arrecato ad aspetti di se ritenuti importanti. Le persone riferiscono che rabbia tristezza e vergogna sono tutte emozioni associate con il dolore.

Il dolore non è associato ad una tendenza all’azione per prevenire il danno ma ha una funzione ai fini della sopravvivenza, in quanto insegna ad evitare quegli eventi che si siano rivelati dannosi. Il dolore ci comunica che è avvenuto qualcosa di negativo e ci insegna ad evitare che si verifichi nuovamente. Una grave perdita, la violazione e la denigrazione costituiscono delle minacce per il sé e provocano un dolore psichico intenso. Perciò, le persone cercano di evitare di dover affrontare simili minacce escludendo i propri sentimenti e sviluppando diverse strategie per evitare le emozioni dolorose. Quando il dolore diventa intollerabile, le persone si bloccano e si intorpidiscono, si distaccano, si ritirano e interrompono il contatto. L’evitamento del dolore può essere protettivo per l’IO. Sperimentare il dolore che è stato precedentemente evitato conduce a sentirsi vivi e di nuovo integrati. Può portare l’individuo a lasciarsi andare e a un sentimento di pace e tranquillità. In terapia, elaboriamo sempre l’esperienza di permettere al dolore emotivo di affiorare e quella di rispondere all’aspetto positivo di tale vissuto, al senso adattivo di sollievo o di liberazione.

I sentimenti negativi, contrariamente al dolore emozionale, derivano da un difettoso funzionamento interno causato da una disarmonia piuttosto che da un danno o da un trauma. I sentimenti negativi secondari non sono segnali puramente adattivi che riguardano le nostre reazioni alle situazioni. Piuttosto, sono spesso indice di una disfunzione complessa del sistema, di disorganizzazione squilibrio interni, di ipersensibilità e reattività alla minaccia o alla perdita interpersonale e di una incapacità di regolazione. I sentimenti negativi persistenti derivano da tentativi di controllare i sentimenti primari che, se venissero semplicemente accettati, si dissolverebbero. Inoltre i sentimenti negativi, derivano da altre forme di disarmonia intrapsichica e processi disfunzionali, come il conflitto interno, da opinioni disfunzionali riguardo a se stessi e il proprio mondo, e da ricordi di situazioni non risolte. Un sentimento negativo comune descritto dai clienti è il sentimento di essere turbati. Sentirsi turbati è un segnale generale della presenza di qualcosa di sbagliato. Il termine turbato denota disordine, scompiglio, confusione, una sensazione di essere turbati, agitati e scossi. Questo vissuto è secondario a sentimenti di rabbia, di paura, e di essere feriti.

I sentimenti negativi sembrano derivare sia da processi intrapsichici, come il disconoscimento, l’autocontrollo e l’autovalutazione, che da processi interpersonali comprendenti l’ipersensibilità della dipendenza e al controllo e l’eccessiva preoccupazione per la perdita di integrazione e autonomia.

I sentimenti negativi che emergono in risposta all’esperienza intrapsichica derivano da valutazioni negative dell’esperienza, da tentativi di controllare i sentimenti primari, dal conflitto interno e dall’autocritica.

La seconda fonte principale di sentimenti negativi è la risposta emotiva alla fine di un rapporto interpersonale prevalentemente associata alla percezione di un rifiuto o di critica. Si tratta della rottura di un legame di attaccamento emotivo e dei sentimenti negativi legati a problemi di interdipendenza. Una funzione importante delle emozioni è quella di informarci che un legame relazionale è a rischio, cioè che corriamo il rischio di perderlo oppure che sta diventando minaccioso o intrusivo. Le risposte emotive primarie alle rotture relazionali sono la rabbia la tristezza o la paura, che sono fondamentalmente delle risposte adattive. Solo quando queste non vengono regolate in modo appropriato che si iniziano a sentire dei sentimenti secondari negativi. Tali reazioni includono un vissuto di eccessiva dipendenza, sentimenti di rabbia o un distacco depressivo quando i nostri bisogni non vengono soddisfatti. La perdita di relazione con gli altri o la loro disapprovazione è sconvolgente e può essere causa di depressione e ansietà, come possono esserlo anche la paura dell’intimità e della perdita di controllo interpersonale. I sentimenti negativi che sorgono in ambito interpersonale raggiungono il massimo grado di intensità quando l’altro è una figura di attaccamento significativa.

Lo Stress

Il primo problema fondamentale per l’organismo emozionale si presenta quando l’emozione non raggiunge il suo scopo adattivo che è quello di modificare la relazione con l’ambiente. Un sentimento intenso persistente, specialmente se fortemente negativo porta allo stress e in fine a un crollo. Il riconoscimento e la rimozione dello stress sono terapeutici.

Quando l’origine dello stimolo elicitante è interna piuttosto che l’evento ambientale. Quando non si permette al proprio sé di venire trasformato dall’emozione, si affronta la situazione cercando di prevenire il processo emozionale ignorando, negando o distorcendo l’esperienza. Ogni qual volta si presta attenzione ai propri sentimenti negativi e li si accetta, il dolore può essere tollerato e utilizzato come segnale del verificarsi di un danno del sistema, oppure dell’esistenza di uno stato di squilibrio o di disorganizzazione, e della necessità di fare qualcosa per modificare il sé e/o la situazione.

I sentimenti dolorosi sono per loro natura difficili da tollerare e per questo si tende ad evitarli o a interrompere l’esperienza. Una fonte principale di disfunzione è rappresentata dalla dissociazione dai sentimenti, per la quale ciò che si pensa di dover sentire non è ciò che si sente effettivamente. Per controllare le reazioni emotive si utilizzano diversi tipi di strategie di elaborazione delle informazioni. Coloro che evitano in modo cronico i propri sentimenti, non prestano più attenzione ai segnali emotivi della propria esperienza, non simbolizzano le emozioni in consapevolezza e sono incapaci di creare nuovi significati vissuti e di agire in direzione del loro benessere.

Talvolta il processo di regolazione, che influenza le dinamiche e la qualità dell’esperienza emozionale, ad essere problematico.

L’intensità la labilità la vivacità la durata la velocità di recupero e la persistenza delle nostre emozioni possono, a volte, essere la fonte di disadattamento.

La regolazione delle emozioni si sviluppa lungo il corso della vita, e gran parte di esse implica una sintesi di risposte emozionali e di apprendimento, nonché a livello celebrale, una coordinazione della risposta emotiva e del processo riflessivo superiore. La regolazione non è sempre cosciente o volontaria; infatti, la maggior parte dei processi di regolazione non sono accessibili alla consapevolezza immediata. Nel generare una risposta emozionale sono implicati due processi automatici, la stimolazione e la tendenza all’azione. Il processo di regolazione può essere disfunzionale sia nel senso di uno scarso controllo che in quello di un iper-controllo dell’esperienza emotiva e della sua espressione. Il processo di regolazione può anche essere visto a volte come implicato in un modo disfunzionale nell’aumentare e nel produrre una risposta emozionale.

Oltre a modulare l’intensità delle emozioni primarie, è necessario regolare anche la gestione di risposte affettive secondarie come la depressione, ansia e frustrazione. Qui lo scopo della regolazione è di non essere sopraffatti o indeboliti da sentimenti negativi o disorientanti. La capacità di non farsi dominare dalla depressione, di non crollare di fronte a una sconfitta o di non farsi cogliere dal panico quando si ha paura, costituiscono delle importanti abilità di fronteggiare gli eventi.

Oltre alla regolazione dell’espressione emotiva, uno dei compiti fondamentali della regolazione degli affetti è lo sviluppo di una sicurezza di base nel sé. In terapia, la presenza consolatoria del terapeuta gioca un ruolo importante nell’aiutare le persone ad acquisire la capacità di lenire se stessi nei momenti di grande sconforto

La memoria emozionale traumatica

Il trauma è una fonte significativa di disturbi emotivi. Esso distrugge il senso di realtà di un persona, lasciandola in balia di memorie emotive che continuano a disturbarla e ad opprimerla. Il disturbo da stress-post-traumatico deriva da una funzione nel sistema di risposta emozionale. Lo stress post traumatico deriva dal rivivere intensamente tali esperienze. La parte emozionale del cervello agisce come un sistema di risposta ad azione rapida e quando la sua azione è integrata adeguatamente con la regolazione neocorticale, opera come un sistema di risposta adattivo. Il sistema di allarme emotivo può tuttavia essere innescato in modo inappropriato come conseguenza di un trauma irrisolto. Tale sistema può diventare disfunzinale quando produce segnali di allarme che non sono appropriati alla situazione.

Il vissuto d’impotenza sembra giocare un ruolo critico nell’induzione dello stress post-traumatico, e il terrore sperimentato può essere ritenuto responsabile delle alterazioni fisiologiche che avvengono nel sistema limbico. Nel trattamento può essere necessario che una reazione emotiva intensa vengano riattivate fino ad un cero grado affinché siano rielaborate all’interno della sicurezza fornita dall’ambiente terapeutico. L’esperienza traumatica deve essere simbolizzata, trasposta in forma narrativa e integrata nell’esperienza attuale. Rivivere in terapia l’esperienza passata, nell’ambiente protetto e sicuro fornito da un terapeuta empatico e supportivo, consente all’individuo di vivere una nuova esperienza. Chi ha vissuto un trauma, oltre alla necessità di simbolizzare l’esperienza, ha bisogno d’imparare a lenire se stesso. In secondo luogo è importante imparare a regolare la propria attivazione fisiologica. L’importanza di combattere la sensazione di impotenza acquisendo un senso di controllo nella propria vita.
Un’altra fonte importante di disturbi emozionali si basa sulla costruzione di significati difettosa. Il malfunzionamento dell’emozione non è principalmente funzione di una modalità di pensiero disfunzionale o irrazionale cosciente. Esso deriva da problemi e nelle strutture e nei processi cognitivo- affettivo complessi che generano in modo automatico un significato soggettivo e l’esperienza emotiva.

La costruzione disfunzionale di significato emozionale in genere non deriva semplicemente da un pensiero erroneo o valutazioni distorte della realtà. I pensieri automatici e il legame cognizione-emozione pur essendo coinvolti nella produzione di sentimenti negativi secondari non rappresentano una delle cause principali di disturbo. I pensieri automatici sono prodotti dal sistema concettuale e vengono coinvolti dal mantenimento del disturbo emozionale. Ciò che in definitiva assume un’importanza critica nella costruzione di significati è sempre il significato soggettivo colorato emotivamente che deriva dal sistema di elaborazione esperienziale e non già il pensiero derivante dal sistema concettuale. Gli interventi devono essere finalizzati all’accesso alla rete associativa delle emozioni o alla struttura di significato che ne determina le risposte, e a disgelarla.
In terapia è il senso emozionale che i clienti hanno di se stessi che è necessario evocare ed esporre a nuove informazioni, se vogliamo sperare di riorganizzare la loro costruzione di significati e modificare i loro sentimenti negativi.
Un aspetto centrale del cambiamento terapeutico implica quindi l’identificazione delle risposte emozionali primarie della persona e gli scopi che governano tale elaborazione. Una volta identificati bisogni scopi e interessi, è più facile che si producano nuove auto-organizzazioni basate su un nuovo senso di orientamento verso lo scopo oppure sulla rinuncia a obiettivi che non possono essere soddisfatti.

Costruzione di un significato

I problemi emozionali derivano da diversi aspetti problematici della costruzione di significato e ciascuno di essi richiede una diversa attenzione all’intervento.

1. l’attivazione di una costruzione di significato disfunzionale basata su bisogni/scopi. Qui il significato emozionale disfunzionale è fondato sulla valutazione secondo cui alcuni bisogni e scopi affettivi in una determinata situazione non verranno soddisfatti. L’intervento comporta la ristrutturazione della valutazione di non corrispondenza, oppure dello scopo che governa la situazione.
2. le razioni disfunzionali di un individuo a valutazioni automatiche o coscienti esatte del fatto che i propri bisogni non verranno soddisfatti. Quindi una persona che ha bisogno di essere stimata potrebbe iperreagire con un’emozione di rabbia se ritiene di essere disprezzata. Qui la risposta alla frustrazione o ala delusione costituisce il focus della terapia.
3. valutazioni negative del sé e di sentimenti o desideri negativi primari. Qui la disfunzione deriva dall’incapacità della persona di accettare la propria esperienza. Il focus terapeutico è centrato sulle valutazioni negative.
4. sequenze problematiche di sentimenti, pensieri, valutazioni attribuzioni nelle interazioni. Qui l’esplorazione delle sequenze porta ad una maggiore consapevolezza dell’esperienza primaria e dei significati impliciti che guidano l’esperienza.

Per riassumere dunque, la terapia comprende la validazione dell’esperienza, l’evocazione in seduta dei sentimenti negativi e l’esplorazione delle sequenze emotivo-cognitive che li generano al fine di arrivare alle emozioni primarie. Se l’esperienza primaria è negativa, allora si accede ad una esperienza alternativa, (detto anche nuovo engramma) per trasformare la sofferenza. La focalizzazione è sui bisogni/scopi/interessi implicate nelle risposte emozionali adattive affinché forniscano informazioni per l’azione, mettiamo in discussione le credenze disfunzionali e promuovano la riorganizzazione e l’accesso a risorse interne, come la capacità di lenire se stessi. Infine, la riflessione cosciente, il pensiero e la ragione decidono sui percorsi d’azione da intraprendere, pongono i nostri sentimenti in prospettiva e creano nuovi significati.